sabato 6 maggio 2017

I vini di ghiaccio: passiti dagli aromi superbi



Hanno un sapore dolce che ricorda i migliori passiti, ma sono dotati di una piacevole acidità che ricorda la frutta, con sensazioni definite” paradisiache”. Sono i vini del ghiaccio ottenuti con particolari procedimenti che nulla hanno da invidiare in dolcezza e morbidezza, ai più conosciuti Sciacchetrà delle Cinque terre, il Vin Santo della Toscana, il Moscato Passito di Pantelleria, il Recioto della Valpolicella, il Passito di Caluso da uve Erbaluce e molti altri ancora. Oggi in ogni regione troviamo vini dolci straordinari. Ma gli ”Ice wines”   hanno un qualcosa di particolare: ottenuti in precise aree d’Europa caratterizzate da clima freddo e continentale, sono prodotti da uve che rimangono in vigneto sino a bassissime temperature (meno 4-10 gradi) al fin di ottenere un parziale congelamento della parte acquosa e un alto grado zuccherino.
Gli esperti dicono ”se l’uva è come una pallina di vetro quando cade nel secchiello, la qualità sarà buona.  Se sembra una pallina di neve, si teme per la qualità” La vendemmia effettuata rigorosamente di notte consente un finale ricco di aromi di frutta tropicale: litchi, papaia, mango, ma anche pesca, albicocca, miele. In queste uve dobbiamo ricordare l’azione esercitata da un parassita, la “botrytis cinerea”, chiamata anche “muffa grigia” o ”muffa nobile“ che sottraendo umidità all’uva permette una maggiore concentrazione di aromi in particolare quella di tabacco. Vini di ghiaccio italiani vengono prodotti in Val d’Aosta a Morgeux, in Val d’Arda, nel piacentino, a Teniglie in provincia di Cuneo, nel Trentino Alto Adige e soprattutto a Chiomonte in Val di Susa dove si trovano i vigneti più alti d’Europa.
La storia dice che il primo vino del ghiaccio, è nato in Germania nel 1792 nella Franconia, in particolare nella città di Wurzburg,. I contadini disperati nel vedere distrutto il raccolto per il freddo, decisero di pigiare lo stesso le uve, ottenendo un mosto concentrato e inebriante. Ancora oggi le maggiori aree di produzione si trovano in Mosella.


“La storia di ciò che mangiamo” di Renzo Pellati. Daniela Piazza Editore  

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