venerdì 8 gennaio 2016

Cultura. DE GUSTARE da “ Eros & Vino” di Jean-Luc Hennig Sonzogno Editore





" L’assaggiatore di vini è uno strano animale. Prova piacere con i preliminari. Ciò che vuole è odorare il corpo del vino, farselo girare in bocca. Nient’altro. Si limita ad avvicinarsi alle cose, a sfiorarle semplicemente, senza mai lasciare che il vino penetri in lui, accontentandosi delle premesse del piacere, di piccoli accenni di apprezzamento, furtarelli amorosi. Come se sperasse in qualcosa in più, ma preferisse alla fine limitarsi alla sola speranza. Cominciando per prima cosa col far ruotare a lungo il vino nel bicchiere, valutandolo come una ballerina intenta a mostrare le gambe sotto la gonna. E’ per questo, secondo me, che alza in aria così spesso il suo bicchiere, per ammirare i riflessi. Vista dal di sotto, la prospettiva è più incoraggiante. Dopo di ciò lo annusa, lo assaggia, lo gargarizza un po’, muovendo gli occhi a imbeversi meglio del liquido, apprezzarne più a fondo la rotondità delle forme, la qualità e l’elasticità delle carni, e poi. Pfft! Risputa fuori immediatamente il prodotto delle sue meditazioni. Il vino non gli interessa più. La vita dell’assaggiatore è appassionante. Certo non è molto movimentata, ma è ricca di piccole gioie misurabili, di sfioramenti timidi, di sensazioni complesse e di abissi insospettabili. Osserviamola. E incominciamo a far ondeggiare il vino, con una delicata oscillazione del polso.Senza scuotere troppo, però. Il vino non è panna montata. No, meglio farlo pigramente, muovendosi con un certo distacco, quasi con indulgenza, sbirciando la linea del piede, facendo proseguire lo sguardo lungo il polpaccio . Il vino piange. Le lacrime del vino, dice Emilé Peynaud, sono lo spirito del vino che si condensa. Bene. Aspettiamo. Soprattutto non precipitiamo le cose. Accontentiamoci di queste gocce miracolose sulla parete del bicchiere. Le lacrime sono sempre un segno premonitore della felicità. Viene poi il momento di provare il vino, di assaggiarlo, di gustarlo. E mettiamo in bocca il vino. Però facciamo attenzione, perché questa degustazione è un tocco delicato, una carezza gentile, uno slancio divino, nulla a che vedere con le mani che vanno su e giù come per impastare. Si soppesa, si esamina minuziosamente, ci si appassiona, si indugia, si gira qui e la: è sempre un piacere inaudito quello di spogliare un vino. Dunque la prima impressione che riempie la bocca, è quella in cui dominano i sentori zuccherini. I quali svaniscono per permettere ai sentori acidi, e poi quelli amari, di mettersi in risalto Nei vini giovani, morbidi e beverini, così come in quelli che hanno acquistato un fondo di invecchiamento, l’impressione iniziale si prolunga deliziosamente, un po’ come se si volesse che la degustazione non finisse più. Sono vini che resistono in bocca, vini ben provvisti di tannino, che hanno consistenza, perseveranza densità. Alla fine proprio negli ultimi secondi, si sviluppano, associati all’acidità, i sapori amari dei grandi vini rossi, ed è un’apoteosi, un fuoco d’artificio, una grande baldoria, le sensazioni più pesanti, più fisiche, le più intense. Durante tutto questo gioco di esplorazione è la lingua questo organo muscoloso, carnoso, agile, che rovista, schiaccia verso la volta, mordicchia qua e la, arrotola il nettare contro le guance, è lei l’anima del gioco, dell’amore e di conseguenza anche del vino. "

 Jean-Luc Hennig

Nessun commento:

Posta un commento