E’ stato uno degli ultimi appuntamenti presso EXPO 2015, il workshop internazionale organizzato dal Comitato GRANDI CRU D’ITALIA in collaborazione con il Comitato Ministeriale per il padiglione del vino. Coordinati dal Prof Enzo Grossi, Advisor scientifico del Padiglione Italia, hanno preso parte il Prof giovanni de Gaetano dell’Istituto Neurologico Mediterraneo, il Prof Ramon Estruch del Dipartimento di Medicina Interna dell’Università di Barcellona, il Dott Kieran Tuolhy dell’università di Reading e del gruppo di Nutrizione e Nutrigenomica della Fondazione Edmund Mach e il Prof Fulvio Ursini del Dipartimento di Medicina Molecolare dell’Università di Padova. Tutti d’accordo sugli effetti del vino, come componente fondamentale della dieta mediterranea.
Leggi le conclusioni come da comunicato stampa:
1. Sono i polifenoli ma anche la moderata quantità di
alcol del vino, in particolare rosso, che agiscono positivamente oltre che per
gli aspetti cardiovascolari anche verso le malattie che riducono la funzione
cognitiva e quelle neurodegenerative come l'Alzheimer, quantomeno ritardandole
e rendendole meno gravi quindi riducendo il rischio di demenza. Dati
provenienti da ampi studi osservazionali suggeriscono anche che aumentando
l'aderenza a diete di tipo mediterraneo si consente il mantenimento di una
migliore funzione cognitiva e un ridotto rischio di demenza. Inoltre veri e
propri studi di intervento randomizzati, come ad esempio lo studio PREDIMED
(Prevención con Dieta Mediterranea) dimostrano con il più alto livello di
evidenza scientifica che un aumento della aderenza alla dieta mediterranea
tradizionale è associato ad un miglioramento della funzione mentale (prof.
Estruch);
2. Notevoli benefici dal consumo ai pasti di 1,5 bicchieri
di vino sono stati accertati non solo nel campo della prevenzione di malattie
cardiovascolari, che insieme ai tumori sono la prima causa di premorienza, ma
anche nei pazienti già colpiti da un precedente evento ad alto rischio
cardiovascolare. Nei diabetici di tipo 2, come ha dimostrato il recentissimo
studio dell'Università Ben-Gurion del Negev in Israele, il vino consumato in
moderazione nel contesto di un'alimentazione di tipo mediterraneo si è rivelato
efficace nella riduzione del rischio di morte o nell'incidenza di nuovi eventi
cardiaci, favorendo anche il colesterolo buono. Nello studio denominato
"Moli-sani" a lungo termine (10 anni) in corso presso l'Istituto
Neurologico di Pozzilli (Isernia) sulla dieta Mediterranea, di cui il vino è il
motore principale, insieme all'olio d'oliva extravergine, il pesce fresco e al
diffuso consumo di cibi di origine vegetale, è già stato dimostrato come oltre
agli effetti positivi cardiovascolari si riducono anche gli eventi infausti
cerebrovascolari (professor de Gaetano);
3. Gli effetti benefici del vino trovano riscontro in base
agli studi sempre più approfonditi su il microbiota intestinale umano, cioè
attraverso lo studio dei batteri che risiedono nell'intestino (professor
Tuohy). Il microbiota è ormai riconosciuto come un importantissimo regolatore
della salute umana e si compone di migliaia di differenti specie microbiche.
Questi microbi (per usare un termine comune) sono positivi e negativi. I
piccoli microbi derivati dalla catena corta degli acidi grassi e da acidi
fenolici (altamente presenti nel vino) hanno effetti positivi ai fini
dell'assunzione di energia e sul sistema immunitario, e quindi sullo sviluppo
del cervello e delle funzioni cognitive. I due componenti alimentari, quali
fibre vegetali e polifenoli, sono i capisaldi della dieta mediterranea. A
compiere la metabolizzazione delle fibre, dei vegetali e dei polifenoli sono i
microbi buoni che alimentandosi delle componente suddette finiscono per
diventare più numerosi dei microbi cattivi, realizzando quindi uno stato di
benessere. Questi studi evidenziano il potenziale del vino come modulatore del
microbiota intestinale umano e la loro produzione metabolica, con forte
potenziale di agire sulla fisiologia di accoglienza sistemica all'interno
dell'intestino. Del resto la nuova ricerca medica si orienta sempre di più
verso gli studi dei microbi intestinali, come fattore decisivo per il
benessere;
4. Secondo il professor Ursini, che ha affrontato il tema
di che cosa fa bene e di che cosa fa male e sul vantaggio dell'ambiguità, come
nel caso dell'alcol e del vino, l'assunzione di composti organici e inorganici
(definiti nutrienti) per alimentarci genera specifiche reazioni biochimiche. Il
nutrirsi però, ci fa assumere anche una vastità di composti chimici che non
sono presenti nelle usuali vie metaboliche (xenobiotici) e che non sembrano
avere nessuna funzione indispensabile. Gli xenobiotici comprendono farmaci e
veleni, ma anche composti con attività salutistiche. Per questi componenti è la
dose che definisce effetti positivi e negativi. Ciò che è tossico a una certa
dose, diventa benefico a una dose più bassa. Un esempio è quello dell'alcol,
che a dosi moderate è positivo contro malattie cardiovascolari, infiammatorie,
degenerative e per le malattie mortali. Il vino continua a essere protettivo a
dosi più alte rispetto a qualsiasi bevanda alcolica. Svariate sostanze che sono
presenti nel vino, ma anche nella frutta e nella verdura, contribuiscono a un
rapporto ottimale fra infiammazioni, che sono favorite da sostanze ossidanti, e
antinfiammazioni. Soprattutto il vino, ma appunto anche frutta e verdura,
forniscono grandi quantità di antiossidanti. Ma non sono questi alimenti che
producono direttamente l'effetto benefico. Infatti gli antiossidanti alimentari
generano per autoossidazione piccole quantità di ossidanti, che però attivano
la risposta antiossidante, che sostiene l'effetto antinfiammatorio. Insomma da
una reazione negativa ne nasce una positiva. La difesa è azionata da un piccolo
danno, tanto per capire quanto è complessa la natura del corpo umano. Ma appunto
l'alcol è il cigno nero, il veleno, mentre il vino, contenendo poco alcol, fa
scattare in due fasi le reazioni benefiche, alle quali, al di fuori dell'alcol,
si sommano le qualità positive dei polifenoli. La scienza rifiuta anche il
proibizionismo perché ostacolerebbe la ottimale capacità del vino (per la parte
alcol) di gestire lo stress senza incorrere in pericolosi eccessi di reazione.
In pratica, un piccolo, e anche meglio se falso, segnale di danno ci esercita a
essere più resistenti.
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