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Ancora non molto tempo fa, al Sud, il parto si faceva con l’olio. “ Tutti
i provenzali della mia età”, scrive il poeta e scrittore Marcel
Scipion nella sua opera L’arbre du mensogne, “ sono venuti al mondo tra le mani
unte delle levatrici di campagna”. Spesso inoltre, nelle regioni vinicole, a
questa unzione con l’olio faceva seguito un bagno nel vino. Lubrificato il
neonato , conveniva impregnarlo, fortificarlo, fargli prendere un bel colorito
rosso. Nato nell'olio e arrossato nel vino, in tal modo gli veniva assicurata
una vita sempre vivace in ogni stagione.
Ma questo bagno nel vino, nutriente per l’anima, appare anche in altre
circostanze della vita, senza che vi sia affatto necessità di fare appello alle
antiche virtù. Nelle pagine di Restif de la Bretonne, celebre autore
settecentesco delle ”delizie dell’Amore”, ci si lava molto. Ci si lava
sistematicamente. Prima o dopo il coito. Tutt'altra cosa rispetto a Sade. Si
mette a bagno culo, fica, coscia, piede, si fanno abluzioni, si fa il bidet,
con l’acqua fredda, con l’acqua tiepida, si lava il culo in un grande bacile
per rassodarlo, si lava all'acqua di rose, si immerge poi nel latte, si asciuga
ed ecco che membro e vulva sono pronti per nuove prodezze. Accade, anche senza
dubbio per dargli più vivacità, di bagnare lo strumento con lo Champagne.”
Abbiamo cercato un tu per tu”, scrive Restif “ Dopo che i domestici sono stati
congedati, egli mi ha fatto mettere a nudo le poppe, poi mi ha inebriata di
Champagne. Si è lavato la verga in un bicchiere spumeggiante e io l’ho
trangugiato all'istante!..Il membro ne guadagna un non so che di frizzante e di
fresco, il culo si trasforma in principio effervescente e se ne ricavano grandi
speranze.
Papa Paolo III in persona, si dice era uso a tale espediente. L’uomo autore
della famosa bolla” In Cena Domini”( 1536), l’ispiratore del Concilio di
Trento, colui che approvò nel 1540 la costituzione dell’Ordine dei
Gesuiti, il mecenate che affidò a Michelangelo l’esecuzione degli affreschi
della Cappella Sistina e la cui giovinezza ispirò a Stendhal il personaggio di
Fabrizio del Dongo, Paolo III dunque amava a al punto il vino di Creta da
bagnarvisi i genitali ogni mattina. Ci si potrà stupire di questa abitudine.
Serviva a rinfrescarli o a scaldarli? Sante Lanceri non ci dice nulla in
proposito. E perché, diavolo un vino di Creta? Il fatto è che in quell'epoca,
in cui si apprezzavano sommamente i vini giovani, si aveva un debole anche per
i vini moscati di Cipro, di Creta, di Malvasia o di Malaga che venivano
conservati per anni in caratelli o in bottiglie con il tappo di
vetro smerigliato. E forse si potrebbe dire che i genitali papali invocavano a
gran voce i più grandi vini dal profumo ammaliante e dal colore mielato. A meno
che Papa Paolo III non abbia applicato alla lettera i consigli del medico
olandese Levinus Lemnius ( 1505-1568) che consigliava nei suoi” De occultis
naturae” , a chi si era lasciato prendere dall'ebbrezza, di mettere a mollo nel
vino le mammelle per le donne e i genitali per gli uomini, in modo da
aspettarsi miracoli. Applicazione locale che doveva diffondersi in tutto il
corpo e irraggiare fino al cervello. Ma tale trattamento fu in seguito
accantonato, probabilmente perché fortificava in modo esagerato l’organo del
peccato e conduceva a scappatelle ancora più reprensibili. "
tratto da “ Eros&Vino” di Jean-Luc Henning, Sonzogno Editore
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