La storia del marsala risale al 1700 e indiscutibilmente la
sua fortuna è legata a due mercanti inglesi.Si racconta che fu John Woodhouse, a seguito di una tempesta che lo portò
a ripararsi con il suo brigantino nel porto di Marsala, ad assaggiare il vino locale. Un’altra leggenda dice che
Woodhouse fosse in Sicilia per ragioni di lavoro e che a Marsala fu attratto
dalla bevanda tipica del luogo che gli ricordava il Madeira e il Porto molto
apprezzati in Inghilterra. Ne ordimò 50 barili e il successo in madrepatria fu
immediato. Perché non creare un business? Ci pensarono altri sudditi di Sua
Maestà, Stephens , Whitaker e Bennjamin Ingham che non era un importatore di
vini ma di tessuti di lana. Il business era fatto e gli Inglesi per rendere più
simile il marsala ai
celebri vini spagnoli ( Madeira, Jerez, Porto) lo addizionarono con zucchero e
acquavite. Il marsala iniziò a diffondersi in Inghilterra con la dicitura ”vino
ad uso Madera”. Il nome italiano Vincenzo Florio compare nella prima metà
dell’Ottocento. Costui di origine calabrese ma residente a Palermo, era un
imprenditore e proprietario di una flotta mercantile, ebbe il coraggio di
investire in campo enologico tanto che il figlio acquistò gli stabilimenti di
Ingham e Woodhouse, ampliando la fortuna del marsala. Una fortuna che ebbe
alterne vicende soprattutto a causa di normative che non tutelavano i prodotti
alimentari di qualità. Oggi è tornato in auge in diverse modalità: secco, smisecco, dolce a seconda
dell’impiego. Per alcune varietà viene aggiunto un preparato detto “ concia”,
ossia una miscela di mosti concentrati e cotti, con alto grado alcolico e
tagliato con vini di varie annate a seconda delle caratteristiche che si vuole ottenere.
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