Alberto Carretti e sua moglie Claudia
Come è arrivato a Copenaghen?
" In realtà ci è arrivato il mio
rappresentante che ha saputo interpretare i gusti e le tendenze dei Paesi
nordici, Svezia, Danimarca, Olanda, Norvegia. Nazioni a forte carattere
ecologico dove la gente ama la natura e
il benessere salutistico e quindi prediligono quei prodotti, come i miei vini,
che hanno le caratteristiche di essere vini naturali , territoriali e di annata
quindi non convenzionali. Ogni anno possono essere diversi perché rispecchiano
le caratteristiche climatiche di quell’anno. Non hanno solfiti ne lieviti selezionati
e rispecchiano fortemente il territorio, diversamente da quanto accade per
molti vini molto lavorati dall’enologo tanto da renderli perfetti sul piano
gustativo ma molto convenzionali e per nulla
territoriali."
Lei come ha iniziato?
"Nasco tecnico caseario
specializzato in microbiologia casearia
ma con l’animo da viticoltore.
Capisco subito che il futuro dei miei vini è il
territorio e mi metto a cercare quello di cui avevo sempre sentito parlare in
giro per la vallata: la presenza di vitigni autoctoni tanti, ora scomparsi.
Chiedo a quei pochi pochissimi vignaioli della vallata i quali mi confermano la
presenza di almeno 20 vitigni. Io personalmente ho scoperto, meglio ritrovato
la termarina rosa, vitigno autoctono antico, un sinonimo del Corinto rosa:
uva dagli acini minuti dolcissimi (un
tempo ci si faceva l’uva sultanina) privi di semi. Molto fruttata con alto
grado zuccherino mescolata ad altre uve
ne migliorava la qualità e il tenore alcolico. Quest’uva ha una particolarità
che è solo di questa vallata: deve subire un’incisione anulare alla base del
capo frutto, in caso contrario si può compromettere tutto il raccolto. Poche
piante, allora ne avevo 50 oggi 2000 sovrainnestate sul Cabernet Sauvignon (peccato
di gioventù per la passione dei vitigni
internazionali). Con quest’uva facciamo un passito ”Il Canto del Ciò” con
metodo solera da uve biologiche di
Termarina appassite al sole ottenuto
senza aggiunta di solforosa, molto apprezzato che è entrato nel circuito del
solera. Abbiamo molto diffusa la Barbera- naturale proseguimento dell’Oltrepò Pavese
ma in forma più elegante meno
austera di quella Piemontese, non manca
ovviamente la bonarda da noi chiamata croatina e la malvasia di Candia
aromatica che in realtà non è il vecchio vitigno originario. Stiamo recuperando
la vecchia Malvasia di Parma odorosissima leggermente diversa dalla malvasia di
Candia per la presenza di un leggero tannino e acidità fissa."
Lei mi ha parlato più volte di
territorio, Da un punto di vita pedoclimatico come si configura la Valceno?
"I nostri territori sono molto antichi,
risalgono al terziario, con marne violacee, sub alcalino con un calcare molto attivo fino al 18%, tanto
da imporre dei porta- innesti molto resistenti. Limo, argilla sabbia, sassi,
ciotoli di fiume perchè la vallata anticamente era ricoperta da un lago.
Formazione che regala vini profumatissimi come la nostra malvasia,
eleganti e fini caratteristica dovuta dalle
forti escursioni termiche notte-giorno con una differenza anche di 20 gradi.
Come ho già detto i nostri vini sono naturali, non utilizziamo lieviti se non
quelli autoctoni, non facciamo crio-macerazione, ne macerazione a temperature
controllate, niente acciaio, solo vecchie barrique utilizzate come contenitori."
Allora Podere Pradarolo e i suoi
vini, quale è il segreto del loro successo?
" La definizione
più adatta per i miei vini è che sono tutti selvatici, fortemente
territoriali, assolutamente naturali tanto da essere diversi ogni annata.
Territorio e annata il mio binomio vincente. Parliamo del Velius, antico nome
di Serravalle perché Podere Pradarolo si trova in una frazione del borgo: un
rosso rubino dalla macerazione lunghissima, tre mesi in acciaio e cemento e poi
18 mesi in botte grande e successivamente in bottiglia, minimo sei mesi.
Contiene 90% di barbera e 10% di croatina. Un vino lunghissimo che potrebbe
durare 20 anni scarsamente minerale, senza tannini, ma molto floreale con un tocco di violetta e fruttato
da libesquero e vaniglia, sentore dato dal vitigno e non dal legno. Parlavo
della Malvasia di Candia con cui produciamo il Vej, in tre versioni: passito,
vino fermo da lunghissima macerazione e vino spumante. E’con questo spumante
che tutti mi hanno dato del pazzo perché è l’unico spumante da vino macerato. "
Una sfida alle regole della
spumantistica?
" Esatto: diciamo che è una chimera enologica perché alla base
del nostro spumante utilizziamo il mosto fresco dell’anno successivo come unico
agente fermentante. Secondo le regole del metodo classico la macerazione estrae
sostanze antischiumogene in particolare polifenoli che diluiscono la co2 e
quindi interferiscono sulla presa di spuma e sulla persistenza della spuma.
Inoltre utiliziamo la mallo lattica vista molto male, dal metodo classico.
Ma perché non provare, in fondo questo
mio metodo era già stato messo a punto da Scacchi grande enologo marchigiano,
50 anni prima di Don Perignon. Risultati deludenti i primi anni, poi ho
scoperto il segreto: una finestra temporale che non dura più di 24 ore
nell’arco della quale si aggiunge il mosto. Obiettivo centrato per un Vino
Spumante Metodo Classico- brut da Malvasia di Candia Aromatica in purezza,
prodotto con uve biologiche a lunga macerazione ( 60gg) senza solforosa,
lieviti autoctoni. Vinificazione e
affinamento solo in acciaio poi 24 mesi sui lieviti. Una bella scheda
tecnica per uno spumante dal sentore netto di rosa antica, con tannini ben
presenti ma dal corpo rotondo."
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