“ Dalle Valli Alle Vette” : non poteva esserci
titolo più accattivante per il banco di assaggi di 50 etichette che hanno
rappresentato la produzione vitivinicola altoatesina di almeno 200 cantine
dell’Alto Adige. L’evento si è tenuto all’hotel Westin Palace di Milano,
organizzato dal Consorzio Vini Alto Adige in collaborazione con la delegazione
AIS di Milano
Altitudine: una sorta di lente di
ingrandimento per capire i vini di montagna
partendo da un dato storico visto che il nostro Paese era la culla della
viticoltura di collina e di montagna tanto che i romani e prima ancora gli etruschi
preferivano i declivi collinari che furono abbandonati con al dissoluzione
delle proprietà monastiche e della nobiltà. Oggi i vini di montagna- dopo un
lunghissimo periodo di abbandono, salvo gli eroici pochi imprenditori, sono
tornati a reclamare e giustamente il loro grado elevato di nobiltà. Complice il surriscaldamento del clima così
che aree come il Trentino-Alto Adige possono trarre vantaggio da quote con caratteristiche climatiche adatte alla
coltivazione della vite. Parliamo di acidità elemento fondamentale per le uve
base spumante che può essere compromesso dalle elevate temperature. Per
conservarlo esistono due metodi: anticipare la vendemmia o piantare i vigneti
in altitudine dove l’acidità è garantita dalle forti escursioni termiche
notturne e diurne. Un tempo per le uve bastava un’altitudine di 350m.s.l. oggi,
non meno di 500. La maturazione dell’uva avviene soprattutto in presenza di
luce, maggiore ovviamente in rapporto
all’altitudine dove arriva una migliore illuminazione. Non dimentichiamo
ovviamente il calore che aumentano la gradazione alcolica ma questo elemento in
montagna è favorito proprio dalla più lunga esposizione solare. Certo è
che alzandosi dal livello del mare si ha
un graduale abbassamento di temperatura che fa ritardare la maturazione ma qui
entra in gioco una sorta di jolly che rimescola le carte: la latitudine
elemento che con l’altitudine determina il clima di una località. E’ proprio il
ruolo ambientale che concorre ad alcune caratteristiche dei vini di montagna:
sono più biologici di quelli di pianura perché ottenuti spesso con minore
ricorso ai trattamenti. Hanno una maggiore finezza aromatica , un gusto
sorprendente e certamente non omologato frutto di una ricerca che si rivolge
soprattutto ai vitigni autoctoni. Torniamo allora al lungo percorso della
degustazione: dai 200 metri del lago di Caldaro ai 1.000 metri di Magrè, dalla ricchezza e
morbidezza dei Pinot Grigio, Lagrein e Cabernet che prendono vita ai piedi
delle colline, ai profumi del Sylvaner, Riesling, Muller Thurgau e Kerner ad
alta quota, passando per la fragranza e la succosità della fascia collinare con
i suoi Pinot Bianco, Sauvignon e Gewurztraminer e bollicine. Per le medie
altitudine si fanno avanti i rossi come il Pinot Nero stupendi per finezza e
sottigliezza.
La storia dei vini di montagna
non finisce qui: ne riparleremo con le infinite sfaccettature dei luoghi pardon
delle altitudini di cui ne sono espressione.
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