Nella tradizione di autoritratti
degli artisti del Cinquecento, non poteva mancare un piccolo dipinto in cui
Caravaggio ritrasse se stesso nei panneggi di un Bacco giovane. Il dipinto del
Caravaggio si rifaceva ad alcuni
elementi iconografici di artisti che vedevano in Bacco il
nume tutelare della loro categoria. In particolare costoro erano
convinti che con il vino potesse essere raggiunto un particolare stato di “furore
creativo”. L’incarnato bluastro dell’autoritratto è stato associato dal Longhi
ad un episodio di un soggiorno del Caravaggio nel’Ospedale della Consolazione
per un calcio ricevuto da un cavallo, ma per alcuni autori il colorito era
dovuto all’abitudine di molti pittori dell’epoca, di dipingere alla lice lunare
perché maggiormente ispiratrice del “ furore lunatico”. Il quadro si ‘e sempre
prestato a numerose interpretazioni per la sofferenza degli occhi , e il suo provocante sorriso. Per
molti critici l’opera rappresenta uno dei cinque sensi: il gusto o il ”poeta elegiaco”.
Per altri, il Bacco di Caravaggio
altro non è che la lussuria, o il Bacchino
malato, o lo stesso Cristo risorto che esce dalla tomba. Forse la più
convincente delle interpretazioni è l’immagine dell’artista nello stato di
melanconia.
Il dipinto venne datato nel 1593. Giunse in
possesso del cardinale Scipione Borghese nel 1607 tramite il sequestro della
collezione del Cavalier d’Arpino da parte del giureconsulto e procuratore
generale della Camera Apostolica, Prospero Farinacci. Attualmente fa parte
della prestigiosa collezione del Museo di Villa Borghese.
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