Forse nessuna cosa più dei versi
danteschi può farci comprendere come la forza del vino possa apparire una
metafora della forza dello stesso spirito vi che si nasconde nella natura.
Nella Divina Commedia Dante per spiegare il mistero della nascita dell’anima
umana, evoca la trasformazione dell’uva in vino( Purgatorio ;XXV; 76-78” e
perché meno ammiri la parola, guarda il calor del sol che si fa vino, giunto a
l’omor che de la vite cola”. Il poeta, sulla scia della Somma Teologica di
Tommaso d’Aquino, per far comprendere uno dei misteri più importanti della
religione cristiana, vale a dire come Dio riesca ad infondere l’anima
intellettiva negli essere umani in modo che questa produca l’inimitabile
singolarità di ogni individuo, ricorre all’esempio della vite. Come nell’uva il
calore del sole si fonde con la forza della vite e si trasforma nel vino, così
Dio intervenendo nel processo di sviluppo del feto, ad un certo punto gli infonde
la forza dell ‘anima che è parte stessa dello suo sacro spirito.
Ed è anche per questa antica idea
di una sacralità insita nel vino stesso che la proibizione di somministrare il
vino ai laici- ad un certo punto sancita dalla Chiesa cattolica- provocò non
poche resistenze e ribellioni. L’insistenza con cui alcuni fedeli hanno
rifiutato questa” comunione imperfetta” senza il vino, ci fa comprendere come
la sacralità potesse essere concepita come intimamente connessa alla
materialità, per così dire, del vino. Secondo il significato letterale della
sacra Scrittura, l’Eucarestia, privata di uno dei suoi elementi più sacri,
diventata incompleta e imperfetta. Ma come
si era arrivati a riservare il vino al solo clero? Se nei primi secoli
si era usato sempre il calice per tutti, a poco a poco, nella Chiesa
occidentale questa abitudine andò diminuendo, tanto che a determinarne il
divieto ai laici fu la posizione di Tommaso d’Aquino che, sulla base di una
pratica diffusa in alcune comunità del solo pane, affermò che non era opportuno
l’uso del vino per la gente comune, soprattutto perché si rischiava che si
potesse versare parte del sangue del Cristo. Con Tommaso, in sostanza la
sacralità non è più legata al vino bevuto da ogni singolo fedele, ma al solo
vino consacrato dal sacerdote. Proibizione sancita durante il concilio di
Costanza 1415 che, impose in maniera
definitiva il divieto del calice ai laici. Proibizione non per la Boemia
che continuò la concessione della
comunione sotto le due specie sancito dal concilio di Basilea 1436-1437 nella
quale, tra l’altro, erano previste numerose altre concessioni ( “ Le compattate
di Praga”). Le compattate furono abolite nel 1462 da Pio II e tra queste l’abolizione della comunione con il
vino che determinò una forte ribellione soprattutto di un gruppo detto degli UTRAQUISTI, dalla parola latina
utraque, ovvero” entrambe ( sottinteso le specie)”. Un affaire talmente
importante da essere inserito nelle motivazioni della ribellione dei Boemi
contro i cattolicissimi imperatori. Ribellione che sfociò nella defenestrazione
di Praga del 1618 e quindi nella guerra dei Trenta anni. Richiesta ripresa
anche da Martin Lutero che nella sua concezione del sacerdozio universale,
rendeva impossibili tutte le differenze tra laici e clero che si erano
consolidate nella storia della Chiesa. Anche nel concilio di Trento fu ripresa
la questione e sebbene alcuni partecipanti si fossero dichiarati favorevoli a
fare alcune concessioni soprattutto ai Boemi e gli Ungheresi, fu deciso di
mantenere la comunione con il solo pane per i laici.
Nessun commento:
Posta un commento