Se
non ci fossero state le mele probabilmente non sarebbe esistito il sidro e da
questo il Calvados. La natura compensa sempre: dove non cresce la vite crescono
le piante di mele dal cui succo-sidro, già conosciuto ai tempi di Carlo Magno,
per distillazione si ottiene il Calvados, una bevanda alcolica il cui nome ha
una storia curiosa. Si narra che nel 1588 un galeone spagnolo dell’Invincibile
Armata di Filippo II, diretto verso l’Inghilterra, si schiantò, per una
terribile bufera, sulle coste della Normandia. Il galeone si chiamava “ El
Calvador” da cui prese nome il tratto di costa dove avvenne la tragedia. Il Calvados
dal colore ambrato e dai riflessi dorati, non ha nulla da invidiare agli
analoghi di altri paesi: è invecchiato anche fino a 15 anni in botti di
rovere( utilizzate in precedenza per
invecchiare il cognac o altri distillati), in modo che possa svilupparsi il
caratteristico odore( bouquet) e il colore desiderato. Nella Francia del Nord
esistono ben 11 denominazioni di origine controllata( definite ”appelation”) di
Calvados, la più prestigiosa delle quali, è “ Pays d’auge) in Normandia. In
questa regione la consuetudine vuole che il Calvados venga servito a metà
pranzo per provocare nello stomaco degli ospiti il ” trou normand” o” buco
normanno” che consente di proseguire il pranzo. In pratica il nostro analogo
sorbetto al limone . dalla fermentazione alcolica del succo di mela, seguita da
una fermentazione acetica, si ottiene invece l’aceto di mele, un prodotto
diffuso soprattutto in quei Paesi che tradizionalmente non consumano vino e non
producono uva. Ovviamente si tratta di un prodotto diverso dall’aceto italiano,
dovuto alla diversa materia prima usata. Contiene polifenoli, sorbitolo,
vitamine del complesso B e sostanze volatili che caratterizzano il boquet.
Da “La storia di ciò che mangiamo” di Renzo
Pellati
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